lunedì 21 marzo 2011

D'Annunzio: "Caro architetto..."

1934: al Vittoriale di Gardone Riviera, Gabriele d'Annunzio invia messaggi al suo architetto, chiedendogli protezione. "Tu sei tra i pochissimi - gli scrive - che sappiano amarmi". L'ultimo tratto della parabola esistenziale di d'Annunzio, contrassegnata dalla progressiva claustrazione sul lago di Garda vede come testimone proprio Giancarlo Maroni, che di quella sontuosa dimora fu geniale coautore insieme col poeta e, dopo la morte di questi, fedele custode.

Dal fitto carteggio intercorso tra i due emerge non tanto l'opera professionale dell'architetto Maroni, quanto piuttosto il suo speciale legame affettivo col Comandante, la sua devozione sincera, l'accettazione intelligente degli sbalzi d'umore, quella continua e piena disponibilità. Sicché negli ultimi anni è lo stesso d'Annunzio a riconoscere nel "caro caro Gian Carlo" il proprio vero e unico fratello.

Nella corrispondenza con l'architetto compaiono il resoconto dei "pellegrinaggi" al Vittoriale e la costruzione di Schifamondo, il laborioso restauro della casa materna di Pescara e l'avvio della storia palese del Libro segreto. Tra le righe affiorano nuovi spunti sull'atteggiamento di d'Annunzio nei confronti del fascismo. Secondo Giordano Bruno Guerri "anche se alcuni suoi motti e gesti ispirarono il fascismo, d'Annunzio fu soprattutto un libertario". Attilio Mazza, dal canto suo, fa intravvedere un altro profilo del Pescarese: "D'Annunzio non fu solamente il precursore del fascismo nei rituali e nei motti, il Vate nazionale, ma anche lo sciamano e il mago che dall'eremo del Vittoriale tentò d'influenzare le scelte di Mussolini - opponendosi, ad esempio, all'alleanza con la Germania".

Poi c'è la questione del rapporto di D'Annunzio col cristianesimo, sul quale si registra - nella corrispondenza con Maroni del 1934 - anche l'accenno alla figura di una religiosa. "Domani - scrive il poeta - una Domenicana venuta da Cambridge tenterà di convertirmi, per comandamento celeste al quale non può disubbidire". Com'era forse prevedibile, la missione non riesce e il poeta assicura GianCarlo d'aver "richiuso la feroce Domenicana nella macchina dell'Inquisizione con tonanti No".


http://www.almanacco.cnr.it/reader/cw_usr_view_recensione.html?id_articolo=1774&giornale=1760

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